“Toulouse – Lautrec: la Belle Epoque”

Amate la Parigi di fine ottocento – inizi novecento, la belle époque, il fermento artistico della Ville Lumiere, le opere su carta e il genio di questo grande artista, allora non potete perdere al mostra “Toulouse – Lautrec: la Belle Epoque”, che si tiene a Verona, presso AMO, Arena Museo Opera – Palazzo Forti, fino al 3 settembre 2017.
La mostra ospita le 180 opere dell’Herakleidon Museum di Atene, già esposte a Palazzo Chiablese di Torino, e cerca di dare allo spettatore, grazie all’interattività del percorso, la possibilità di immergersi nel mondo dell’artista e della Parigi bohémiene del suo tempo.
Io l’ho visitata e sono rimasta stupita del taglio intimo ed introspettivo che è stato dato all’esposizione, complice anche la disposizione delle sale del palazzo, tutte di dimensioni piuttosto raccolte che ben si addicono ad accompagnare in visitatore in questo percorso per conoscere Tolouse Lautrec, come artista e come uomo.

L’aristocratico visconte Henri de Toulose-Lautrec nacque nel 1884,ad Albi da delle famiglie più antiche dell’aristocrazia terriera francese. L’infanzia di Henri fu agiata e spensierata ma breve perché già a dieci anni si manifestarono i sintomi della picnodisostosi, la deformazione ossea congenita che lo affliggerà per tutta la vita causandogli dolori insopportabili limitandogli lo sviluppo e la crescita.
La deformità fisica fu in qualche modo compensata da una grande sensibilità artistica e umana, oltre che da un innato e precoce talento con disegnatore.
Già a quattro anni, infatti, emerse il suo talento da subito compreso e sostenuto dalla famiglia. Henri, accompagnato dalla madre, suo perenne riferimento e punto, nonostante i futuri diverbi per la vita dissoluta e senza regole dell’artista, si trasferì a Parigi e fu seguito da vari artisti di comprovato talento come René Princeteau, Alexandre Cabanel, Léon Bonnat e Fernand Cormon. Infine decise di aprire un proprio atelier a Montmartre un quartiere di dubbia moralità ma artisticamente in grande fermento, Qui iniziò la sua maturità, iniziò a frequentare i locali notturni come il Moulin Rouge, il Café du Rat – Mort, o il Divan Japonaise, che divennero anche i soggetti della sua pittura e che contribuì a rendere famosi con i suoi manifesti pubblicitari. Strinse legami con intellettuali ed artisti del suo tempo, ma non sentendosi mai completamente accettato da questa cerchia preferì poi vivere con le cerchie dei diseredati, prostitute, cantanti, attricette, modelle, con cui ebbe numerose storie d’amore e di passione.
Non disdegno di frequentare le varie mostre ed esposizioni d’arte europee, e ne organizzo di proprie, riscuotendo elogi e critiche entusiaste.
Negli ulti anni della sua vita l’artista spesso in preda al vizio dell’alcool, vera e propria dipendenza e dalla sifilide, contratta nella assidue frequentazioni dei bordelli del quartiere, sua seconda dimora, furono tristi, costellati di episodi di delirium tremens o di perdita temporanea delle capacità motorie. Per cercare di disintossicarsi si fece ricoverare in una clina psichiatrica, da dove uscirì solo grazie alle doti pittoriche, ma non riuscì mai a smettere di bere.
Morì tra il dolore e la sconforto la notte del 9 settembre 1901 a Lalromé, nel castello di famiglia, vegliato dalla madre disperata.

  • Toulouse-Lautrec 1
  • Toulouse-Lautrec 2
  • Toulouse-Lautrec 3
  • Toulouse-Lautrec 4
  • Toulouse-Lautrec 5

Le opere esposte sono forse le meno conosciute dell’artista, le cosiddette “opere su carta” come le litografie a colori (come “Jane Avril” del 1893), i manifesti pubblicitari, (come “La passeggera della cabina 54” del 1895 e Aristide Bruant nel suo cabaret del 1893) e non mancano i disegni a matita e a penna, grafiche promozionali e illustrazioni per giornali (come in “La Revue blanche”) emblemi della sua epoca, di cui divenne interprete e portavoce con la sua arte eccentrica, provocatoria e anticonformista. Si può vedere come l’artista riesca a rendere l’essenza dei soggetti che amava realizzare con linee impetuose, graffianti, essenziali, senza chiaroscuro o prospettiva ma con tagli arditi e colori stesi puri, senza orpelli o abbellimenti, proprio per rendere l’imperfezione e la realtà del mondo, senza giudizi o sentimentalismi, che grazie a lui non è mai stata così perfetta e sincera.
L’esposizione si divide in sezioni e le prime sono dedicate alle notti parigine, al divertimento, si rivive lo spirito effervescente dei caffè, dei locali notturni da lui resi celebri e indimenticabili, alcune sale sono dedicate ai personaggi a lui più vicini, la ballerina di cancan Jane Avril, la cantante Yvette Guilbert e il cabarettista Aristide Bruant. Si arriva poi nella sala cosiddetta dei cavalli, soggetti cari all’artista si dalla giovane età, poi raffiguratati nell’ultimo periodo di vita, durante la degenza, in cui possiamo ammirare la litografia “Il Fantino” e il ritratto del pony Philibert.
Un’altra stanza è dedicata ai disegni ed alle litografie, in cui possono osservare gli schizzi preparatori o i primi disegni di Toulouse-Lautrec , proseguendo con il percorso si arriva alla stanza in cui sono esposte le opere realizzate grazie alle collaborazioni editoriali, strette sia con i giornali satirici come Le Rire e L’Escaramouche, sia con le riviste culturali dell’epoca. Possiamo ammirare così il manifesto che realizzò per il giornale “Le Reveu Blanche” in cui ritrasse la moglie dell’editore, l’affascinante Misia Natanson, per finire con le pubblicazioni più impegnate ossia le illustrazioni per i racconti sulle comunità ebraiche in Europa, scritti da George Clemenceau..

La mostra si chiude con l’ultima sezione, quella dedicata alle donne, che sono sempre state al centro della sua esistenza. Con alcune ha avuto storie passionali, con altre frequentazioni di una sola notte, altre le ha solo desiderate, come la romantica donna ritratta nella famosa “La passeggera della cabina 54” .
Possiamo infine intuire l’anelito all’amore dell’artista, come un po’ a tutti noi, nella sua celebre frase “L’amore è un’altra cosa…”

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